sant andrea di conzaSant'Andrea Di Conza
SANT'ANDREA DI CONZA

LE TAVOLETTE CIPRIOTE

I LUOGHI

Siamo in Lucania, all’inizio dell’autunno del 2013, al confine ovest con la Campania, in Irpinia, e siamo esattamente sulla sommità di una collina soprannominata toppo Quercia del tuono in contrada Padula Piana in territorio agro Pescopagananese.  Per arrivarci abbiamo dovuto lasciare la provinciale e a qualche miglio da S. Andrea, in direzione est, e immettendoci sulla sx ci imbattiamo in una strada di campagna e dopo un paio di tornanti alberati, giungiamo in contrada San Giuseppe. Dopo aver percorso qualche centinaio di metri, arriviamo sulla collina, che è diviso in due dalla strada, da cui siamo giunti, e che lo attraversa per tutta la sua lunghezza in direzione nord -sud. La collina ha il lato esposto a est ricco di vegetazione, che nasconde la visuale a una grotta che era usata fino a qualche anno fa come deposito di esplosivo per la pesca e sicuramente come uno dei primi antichi luoghi di  culto della zona perché il termine Padula in greco antico significa padre della terra (Ράτά), al che si è poi trasformato in seguito al Padre di Cristo di San Giuseppe da cui prende il nome, la contrada. L’altro versante opposto è coltivato a grano e arrivati sulla cima rada come in un ipotetico raggio partendo da nord in senso antiorario vediamo le città di Cairano, il parco archeologico dell’antica Kampsa, Morra, Teora, la Sella di Conza, S. Andrea di Conza e la sua grotta di San Michele;uno dei più antichi luoghi di culto  della zona dedicato al Santo , Pescopagano , l’antica abbazia di S. Lorenzo ,Monte Mauro con il santuario dedicato alla Vergine con annessi i ruderi del feudo medioevale di Mauriello , i ritrovati tenimenti dell’antico feudo di Castiglione e di S.Filippo degli Schiavoni,la città di Calitri con i suoi ruderi dell’antica abbazia di Santa Maria all’Elce ,che insieme al territorio circostante tinto a macchia di leopardo ,tipico dell’area  Mediterranea,  che a secondo delle stagioni  cambia  volto, mostrandosi in una miriade di sfaccettature di colori,che varia  dal verde chiaro scuro della bella stagione al verde oro della stagione autunnale, che insieme  allo scintillare delle acque dell’Ofanto , che divide in due la sottostante valle , al tramonto, ci si imbatte in un paesaggio mozzafiato ;lo stesso paesaggio  e le stesse emozioni che provarono i primi colonizzatori che si insediarono in queste contrade 4000 e più anni fa. La zona, infatti, ricca di fiumi, sorgenti d’acqua, di torrenti, piccoli corsi d’acqua, boschi che circondavano la valle fluviale insieme a miriadi cave d’argilla e di pietra ma soprattutto ricche di grotte che diventando luoghi di culto,con il passare del tempo, e attirando fedeli , quindi, hanno contribuito a far si che la zona ,circondata da alte montagne e colline  che la rendevano una terra circoscritta  e riparata da difese naturali, fosse già abitata  nell’età del ferro ,come dimostrano i ritrovamenti di selci nelle campagne circostanti.

L’età è quella del bronzo, intorno al 1550/1700 a.c. I primi abitanti, sicuramente di origine illirica, << provenienti dai Balcani che, sbarcati sulle coste della Daunia, risalendo il corso dell’Ofanto, valicarono la Sella di Conza,nodo stradale di strategica importanza perché unico a permettere un agevole passaggio dalle coste adriatiche alle tirreniche; costeggiando il Temète che nasce appunto alla Sella di Conza e sfocia nel Sele, risalirono quest’ultimo arrestando la loro espansione dinanzi ai monti Picentini>>. (M.R.Barbera) Queste genti insieme a popolazioni autoctone hanno trovato, in questa valle,pianure fertili e ricche che ha provocato, con il passare dei secoli, un notevole benessere,agevolato anche dallo sviluppo dato all’agricoltura e alla nascita di imprese commerciali e artigianali dando impulso alla nascita dei primi villaggi ,sorti a cerchio nella zona  nella vicinanza di fiumi o nelle valle fluviali, come era già tradizione di quei popoli che venivano dall’egeo  e prima ancora dal medio oriente in numero che variava da 6 ad un massimo di 12 con a centro il tempio –palaziale. (LUIS GODART) Infatti i siti palaziali sorgevano in aree geografiche nodali collocate lungo le rotte di lunga percorrenza che come abbiamo visto sopra questa regione della valle dell’Ofanto era uno dei snodi viari obbligati sia per chi doveva raggiungere il Mediterraneo chi l’Adriatico. Le indagini, inoltre, ci conducono a una lettura sul territorio di tracce della coltivazione della terra ,individuando delle linee di una suddivisione  territoriale in lotti compatibili dal punto di vista topografico ,nonché la presenza capillare di insediamenti rurali coerenti con una presenza Micenea-Greco-Romana.  Infatti, la presenza massiccia di cocci, reperti, scarti d’argilla visibili su gran parte del territorio agro compsano denotano la presenza di siti di Staziae, frantoi, fornaci, fattorie, necropoli e ville e che assieme ad antichi tratturi, ancora visibili sul territorio, che come in un’ipotetica griglia, attraversarono e che attraversano ancora il territorio in lungo e in largo. E’ancora ben visibile l’antico tratturo molto importante che dalla Sella di Conza attraversava la parte alta del territorio di S. Andrea di Conza e si univa con una strada romana ,l’Herculia Minor,che dalla valle dell’Ofanto raggiungeva Venosa(Nicola Fierro)passando per il territorio agro S.Andreano ,della quale abbiamo individuato un tratto di strada, incontrandosi infine nel territorio di Pescopagano in contrada Piano di S.Vito

Uno studio fatto su alcuni toponimi e di alcuni segni di un’antica scrittura ne attesta la prova che il territorio era una zona già densamente abitata prima dei sanniti o dei popoli italici e che l’antica colonia minoica, come qualcuno asserisce, Kampsa, abbia avuto anche più di 50.000 abitanti e che sarebbe sorta lungo i pressi di un’ansa di un fiume 2000 anni prima di Cristo e che sia scomparsa senza lasciare traccia intorno al primo millennio a.c.

LA RELIGIONE PALAZIALE           

 Le grotte disseminate nel territorio erano un tutt’uno con le colline che diventarono aree di culto associati ai palazzi detti i santuari delle vette: collocati su picchi di difficile accesso ma di grande visibilità, e collegati a riti agri pastorali e poi divennero centro per amministrare i doni dati dai fedeli ai vari santuari e che di solito inizialmente erano offerte di grano, orzo, vino, olive, olio e che erano fatte alla dea Madre Terra Μάτά, in miceneo Ma-Ka che era associata ad animali sacri come i cavalli, i maiali, i cani, i serpenti, uccelli. I toponimi di origine greca come Ficocchia, Guana, Perete, Petrelaia, Indolo, Mesole e soprattutto una zona molto vasta di territorio che prende il nome di Caperrone che in miceneo, significa cipriota confermano la presenza egea sul territorio.  Documenti scritti, puramente amministrativi, conservati in tavolette d’argilla riferiti a equini e bovini redatti in scrittura ideografica FIGG2 indicano inequivocabilmente l’esistenza di un’amministrazione centralizzata, e dunque di un’elite che ne era responsabile, sulla quale la società locale organizzata in tribù saranno trasformati in un’entità complessa, che segue la politica complessa organizzata in senso gerarchico e urbanizzata. Con la costruzione dei primi palazzi s’instaurano nelle prossimità dei palazzi il terrazzamento delle colline. Quest’ultime sono ancora ben visibili in alcune colline della zona, soprattutto nella parte alta di S. Andrea di Conza in località Serro le Serpi o sulla collina L’Abetina nel comune di Pescopagano in contrada Tratturo.

 

 

FIG due                                                                   

I RITROVAMENTI

Questo grande crocevia aveva dato luogo a un complesso sistema di relazioni, alleanze e contatti, che aggregava anche il controllo delle vie  di comunicazione e di approvvigionamento di materie prime fra il mediterraneo e l’adriatico che unito a questo sapere sfruttare la terra assicurarsi grandi quantitativi di raccolti ha consentito lo smercio dell’eccedenza rispetto al normale fabbisogno locale e all’immagazzinamento del superfluo che ha per forza di cose scaturito la necessità di mettere per iscritto quello che si era immagazzinato e dando impulso alla nascita delle primitive forme di scrittura. Con il tempo con l’aumento della popolazione, e della ricchezza le conseguenze di questo benessere non si fecero attendere e le costruzioni di nuove abitazioni occuparono il posto delle capanne di solito costruite su poggi attorno ai centri palatini. Infatti, su molte colline visitate neiin torni, ma soprattutto su questa collina, posta al centro di questa vasta zona, durante una ricognizione superficiale del terreno, il sottoscritto, e altri amici dell’associazione archeologica “Jonata”di S. Andrea, i quali periodicamente facciamo ricognizioni in collaborazione con esperti archeologi, sul territorio agro compsano, abbiamo trovato, in un campo appena arato, sulla superficie del terreno, dei frammenti di vaso e di tegole funerarie un peso da telaio misto a pezzi di argilla grossolana, noduli d’argilla, e tavolette sempre d’argilla e alcune pietre tonde a forma di pani e che queste ultime a parere dell’esperto a prima vista dovevano essere molto antiche e che facevano parte di un’antica fornace per la cottura di laterizi.

Secondo i primi studi effettuati sui reperti, il periodo storico potrebbe andare dal 2000 avanti Cristo fino all’epoca romana tardo imperiale.  

Da una prima analisi fatta sui reperti, si notano alcuni segni che potrebbero essere impronti di: funi, incisioni, sigilli, geroglifici e in un caso di dita e che tutto ciò potrebbe far parte di un’antica scrittura, di aspetto.

FIG3                           

Pittografico, che assomigliava vagamente ai primi geroglifici egiziani”vedi FIG 2”infatti, le prime forme di scrittura erano dei geroglifici e che siano nate per necessità economiche dai primi amministratori per supplire alle lacune della memoria e di trasmettere al futuro un messaggio univoco e che poi si sono evolute con il passare dei secoli. .  Oltre a queste strane forme di scrittura, che sono chiamati ideogrammi o logogrammi che sono dei segni che rappresentano l’idea di cui si vuole rappresentare, come abbiamo visto in precedenza bovini, cavalli, sono raffigurati per la stragrande maggioranza nei disegni che ci sono apparsi un poco alla volta sui reperti che si andavano a pulire, e che come abbiamo detto prima questi animali potrebbero essere attinenti ad alcune divinità pre-elleniche dell’area che abbracciava il mondo delle prime civiltà  egee e che potrebbero essere dei documenti della gestione di magazzino che così come si svilupparono prima in Mesopotamia, poi con gli egizi a Creta cosi si estese poi nell’’area mediterranea fino ad arrivare da noi. Invece nelle figg.3 si può vedere una forma di scrittura più evoluta nella quale i segni ideografici hanno occupato il posto di caratteri alfabetici che confrontandoli con altri alfabeti scomparsi ho potuto accostare alcuni alfabeti tra cui il Fenicio, il Messapico e il Demotico.  Alla luce di ciò si pensa che, così come, su questa collina anche su altre dei dintorni potrebbero essere sepolti sotto metri di detriti i primi palazzi che gestivano la distribuzione e l’immagazzinamento dei beni di prima necessità che erano poi ridistribuiti al popolo per la sopravvivenza o al clero per le funzioni religiose, perché anche su un altro sito in contrada tratturo”la Necropoli di Iasci”sono state trovate alcune tavolette e noduli d’argilla  con le stesse incisioni simili a quelle trovate al sito di  Padula Piana, piu’ un reperto  che presenta simili incisioni trovato in contrada Caperrone.(FIG 4)

FIG.4

 

Ma quale furono le civiltà che vissero e civilizzarono queste contrade e quali furono le cause che provocarono la scomparsa di queste antiche civiltà che si sono poi succedute o evolute che inventarono o portarono questo tipo di scrittura in queste aree e che poi furono sottomesse per ultime dai romani e che le ultime tracce vascolari risalgono al periodo romano tardo imperiale e dimenticate nell’oblio?

I REPERTI E LE CAUSE DEL DECLINO .

 

                                                                      

A questa domanda possiamo rispondere facendo parlare i reperti e in maggior modo un peso da telaio (VEDI SOPRA) che a prima vista sembrava avere avuto dei danni superficiali dovuti all’incuria del tempo o dal passaggio degli aratri che per millenni hanno solcato questi tratti di collina, ma mi sbagliavo, perché quelle che sembravano dei colpi d’aratro in realtà erano ben altro. Il peso di forma piramidale a base quadrata con le basi arrotondate presenta su una faccia due orme sferiche, che dovrebbero essere l’impronta di sigillo che prima dell’essiccazione era stato impresso dallo scriba a titolo di marca di vasaio o come diremmo adesso il marchio di fabbrica e in più, cosi come su questi due timbri, anche sulle altre facce si notano dei geroglifici ,linee incise effettuate dallo scriba che raffigurano degli animali ,ma che presentano segni di  obliterazioni ;ma perché?Studiando a fondo questo peso e gli elementi raccolti  mi inducono a pensare che ad avere causato  queste obliterazioni e l’abbandono di questo sito sia stato un terremoto che distrusse queste officine i laboratori e il centro palaziale ed avere provocato l’incendio nel quale sono stati casualmente cotti questi cocci,conservandoli fino ad oggi. Infatti, oltre a questo peso anche tutti gli altri reperti presentano tracce di obliterazioni  che non sono state provocate da un intervento dello scriba, ma dalla caduta dei materiali vari, sull’argilla  ancora imbevute d’acqua. Un simile tasso di umidità dell’argilla occorre soltanto nel momento in cui questa è modellata per accogliere il testo che lo scriba si appresta a vergare o come in alcuni casi il testo sia stato già vergato. Alla fine dell’operazione d’incisione sull’argilla umida e passati i quindici minuti il pezzo passa alla cottura, e in questo periodo che si è verificatala caduta dei materiali sulle tavolette.

Questa caduta dei materiali sulle tavolette o al contrario le tavolette cadendo sui materiali hanno lasciato sull’argilla ,a volte mischiandosi, orme di funi ,tessuti,timbri, che poi a seguito dell’incendio causato dalla catastrofe finale ha permesso la cottura e la conservazione delle tavolette e che quindi possiamo affermare che alcuni minuti prima della catastrofe finale nulla facesse presagire di quanto stesse per accadere  e che le attività cultuali e amministrative erano in piena attività. In poche parole questo peso da telaio insieme agli altri reperti è la testimonianza dell’ultimo attimo di vita di queste civiltà  che si sono succedute nel tempo e che per puro caso siano state portate alla luce dopo migliaia di anni bisogna riconoscere che la trama della storia antica  delle nostre contrade  sia ancora avvolta  da una fittissima nebbia.  Queste tavolette con ideogrammi e geroglifici potrebbero far parte della storia evolutiva di un’antica scrittura scomparsa, di popolazioni vissute in queste contrade, 2000 anni prima di Cristo e che le loro vestigia siano sepolte sotto metri e metri di detriti.   E soprattutto dov’è l’antica Kampsa che anticamente la ponevano insediata presso le sorgenti dell’ofanto? Lo scopriremo nella prossima puntata.

Andrea Ricciardiello 

 

  

 

   
     
     
     
     
     
     
     
     
   

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